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COGITANDO

Bianca Tiberia

- L'importanza dello sciopero degli attori e degli scrittori per il futuro del cinema di Bianca Tiberia

L'importanza dello sciopero degli attori e degli scrittori per il futuro del cinema


Nelle ultime settimane si è ricominciato a  parlare dello sciopero da parte del sindacato  degli sceneggiatori della WGA, ovvero la  “Writers Guild of America”, in protesta dal 2  maggio, e degli attori, appartenenti alla SAG AFTRA, unitisi alle manifestazioni il 14 luglio  scorso: dopo cinque mesi di sciopero, il più  lungo dal 1988, le trattative si sono  nuovamente aperte, questa volta con lo scopo  di porre fine allo sciopero. La sera di  mercoledì 20 settembre, infatti, la WGA e la  AMPT, cioè la Alliance of Motion Picture and  Television, hanno entrambe dichiarato che si  sarebbero incontrate giovedì 21 per tentare di  chiudere l’accordo: tuttavia, in caso non si  fosse trovata una soluzione, lo sciopero  sarebbe potuto continuare anche fino alla  fine dell’anno. A prescindere dal risultato di  queste trattative, ritengo sia interessante  valutare, generalmente, l’intera situazione e  le sue tempistiche. Perché ci è voluto così  tanto per ottenere un accordo? Similmente,  da dove deriva il rifiuto da parte di grandi  corporazioni come Disney, Amazon, Netflix,  Warner Bros e NBCUniversal di accettare le  proposte dei manifestanti? Esaminiamo  meglio la questione. 

Lo sciopero, che ha coinvolto 11.000 scrittori  e più di 160.000 attori e stuntmen, è il primo  dal 1960 in cui sono scese a manifestare  queste professionalità  tutte insieme. Esso ha  uno scopo ben preciso, quello di migliorare le  condizioni di vita dei lavoratori. 

Le richieste degli scioperanti sono  strettamente legate, oltre all’aumento del  salario minimo e alla presenza di più scrittori  nelle sale di scrittura, anche alle nuove  problematiche insorte con la diffusione dei  servizi di streaming, (e perciò la possibilità di  avere un accesso continuato  ai vari tipi di  contenuti) e allo sviluppo sempre maggiore  delle intelligenze artificiali generative.  

Con l’avvento di servizi che molti di noi  utilizzano quotidianamente, come Netflix,  Amazon Prime, HBO e tanti altri, infatti, è  diventata assai importante la questione  riguardo il salario delle persone coinvolte  nella produzione di serie TV e film. Fino  all’inizio dello sciopero, per esempio, gli  attori e gli scrittori venivano pagati solamente  una volta, durante la messa in onda o l’uscita  al cinema. Inoltre, lo streaming ha modificato  il processo di produzione  dell’intrattenimento, distribuendo serie e film  più corti con periodi di inattività più estesi,  così riducendo il lavoro disponibile per attori e  scrittori. La grandezza dei “residuals”, ovvero  la monetizzazione di ogni ulteriore utilizzo  della loro immagine successiva alla  pubblicazione del prodotto, ha perciò subito  un grande taglio, non commisurato  ad un  equo compenso. Gli scioperanti lamentano  proprio questo, cioè un’iniqua remunerazione  del proprio lavoro, ad esclusivo guadagno  delle case di produzione o servizi di  streaming. Perciò, una delle loro richieste è  stata quella di ottenere un compenso adeguato  circa ogni 2,5 visualizzazioni del prodotto, o  almeno della metà di esso. La richiesta è  giustificabile se si pensa che ogni  “performance” è da considerare un’opera  d’arte, che, alla stregua di tanti altri artisti,  comporta un diritto di immagine.  

A proposito di immagine, è importante  l’utilizzo appropriato di essa. Un’ulteriore  richiesta dei manifestanti riguarda proprio  l’opportuna regolamentazione  dell’intelligenza artificiale. Conosciamo tutti  ChatGPT, e a molti sarà capitato di vedere  online, anche accidentalmente, delle cover di  canzoni fatte dall’AI, o illustrazioni generate  da essa. 

 Ma è importante ricordare che l’intelligenza  artificiale prende ispirazione da materiali già 

esistenti, creati da persone in carne e ossa,  che hanno impiegato un proprio talento  artistico: che sia di scrittura, disegno o anche  la propria immagine. Molte case di  produzione, per accelerare i profitti, hanno  mostrato interesse verso la generazione  artificiale di script, pratica che ridurrebbe  l’importanza del lavoro degli scrittori,  relegati ad una semplice revisione dei  prompt. Per questo, gli scrittori della WGA  esigono tutele da parte delle corporazioni, e  una spiegazione precisa di come il loro lavoro  possa essere utilizzato per “allenare” i  servizi di AI. Gli attori di SAG-AFTRA  vogliono lo stesso: dopotutto, in gioco c’è la  loro immagine. Infine La generazione di volti  con l’intelligenza artificiale potrebbe  compromettere la sicurezza di attori che  svolgono il ruolo di comparse.  

Sono tutte richieste che possono sembrare  perfettamente sensate, se ci mettiamo nei  panni dei manifestanti. Tuttavia, l’AMPT e le  corporazioni coinvolte non sembrano  pensarla allo stesso modo. Se lo avessero  fatto, lo sciopero non sarebbe andato avanti  per più di cinque mesi, anche sotto il sole  rovente. Esempio increscioso è quello del  CEO della Disney Bob Iger il quale, dopo  cento giorni dall’inizio delle proteste, riguardo gli scioperanti ha dichiarato: “C'è  un livello di aspettativa che hanno, che è  semplicemente irrealistico. E si stanno  aggiungendo alla serie di sfide che questo  business sta già affrontando che è,  francamente, molto dirompente”. Si  evidenzia che Bob Iger guadagna, secondo la  WageIndicator Foundation, circa $117.000 al  giorno, $585.000 alla settimana, $2.000.000  al mese e $30.500.000 all’anno. 

Un produttore esecutivo ha dichiarato, in  anonimato, su Deadline, che “L’obiettivo  finale è quello di permettere alla situazione  di trascinarsi fino a quando i membri del  sindacato inizino a perdere i loro  appartamenti e perdere le loro case”. Un  evento curioso è avvenuto il 17 luglio davanti  agli studi Universal di Hollywood, dove attori  e scrittori avevano manifestato per giorni.  Quel giorno in particolare la temperatura era  molto alta (32°C, o 90°F) tuttavia le foglie  degli alberi di fico sotto cui si riparavano i  manifestanti erano state improvvisamente  tagliate, quasi del tutto. I pini sul lato  opposto di Barham non erano stati toccati, così come gli alberi di pepe vicino al cancello  di produzione. WGA e SAG-AFTRA si sono  lamentate di questa situazione, accusando  Universal di aver tagliato gli alberi per rendere  più difficile la protesta. Inoltre, questa  potatura era anche illegale, poiché violava il  divieto di tagliare gli alberi a  Los Angeles tra  luglio e settembre. Insomma la grande  riluttanza e resistenza da parte degli studi  cinematografici è evidente. Tuttavia, agli  occhi di chiunque appare la mancanza totale  della giusta considerazione del lavoro,  eticamente inteso e soprattutto non viene  considerato il giusto riconoscimento  economico che spetta a tutti coloro che  lavorano e che con il loro lavoro permettono  ad altri di guadagnare, anche tanto come nel  caso degli studios. È assurdo che ci siano  produttori e figure importanti nelle case di  produzione che guadagnano milioni e milioni,  mentre anche gli attori che conosciamo e  amiamo, insieme a scrittori di cui spesso  ignoriamo anche il nome, faticano a farsi  riconoscere quello che loro spetta.  

Quello che gli studios sembrano minimizzare  è che dietro a quei prodotti che hanno tanto  successo c’è tantissimo lavoro umano che  richiede tempo, ingegno, amore e tanta fatica.  I loro risultati non sono come gli script delle  AI, generati in pochi secondi, e non è neanche  giusto che lo siano, come non è corretto che il  lavoro di tante persone appassionate sia  sostituito da una macchina solo per ottenere  un prodotto in tempo minore. Comunque  vadano le trattative, la speranza è che questo  sciopero sia servito a mostrare alle  corporazioni ma anche al pubblico quanto  siano fondamentali non solo gli scrittori e gli  attori, ma  anche come qualsiasi altro tipo di  lavoratore tra editor, i tecnici del suono o i  lavoratori VFX è importante per la creazione  di questi prodotti, che arricchiscono e  colorano la nostra vita.  


Bianca Tiberia


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