DE RERUM NATURA

- Gli universi di ordine superiore di Davide Morelli
Gli universi i ordine superiore
Nessuno è in grado di indicare la quarta dimensione, eppure essa ci circonda. Essa è argomento di meditazione per filosofi e mistici; i fisici e i matematici la utilizzano nei loro calcoli. La quarta dimensione è parte integrante di molte serie teorie scientifiche, e allo stesso tempo viene abbondantemente sfruttata in campi di discutibile reputazione, come lo spiritismo e la fantascienza. Esistono molte dimensioni superiori: una di queste è il tempo, un'altra la direzione della curvatura dello spazio, e un'altra ancora è quella che può condurre verso universi totalmente differenti che esisterebbero parallelamente al nostro.
Il tutto si può esprimere anche dicendo che il moto nel nostro spazio possiede 3 gradi di libertà, che sono quelli che in geometria analitica vengono descritti dagli assi x,y e z. Le persone comuni tuttavia sperimentano un moto realmente tridimensionale solo quando nuotano sott'acqua. Il che equivale a dire che una qualsiasi posizione sopra la superficie terrestre può essere assegnata mediante tre numeri: latitudine, longitudine e altezza sul livello del mare. Il tempo può essere considerato una quarta dimensione, perché per poter incontrare qualcuno non devo soltanto trovarmi nelle sue stesse coordinate spaziali, ma anche farlo nello stesso istante. Pensare a una quarta dimensione di tipo spaziale è però molto più arduo per la nostra mente. L’espediente più diffuso è quello di ragionare per analogia. La quarta dimensione sta allo spazio tridimensionale come la terza dimensione sta a quello bidimensionale.
Tanto per cominciare si noti che il nostro spazio 3D dividerebbe l'Iperspazio 4D in due regioni, così come un punto 0D divide in due una retta 1D, una retta 1D divide in due un piano 2D e un piano 2D divide in due uno spazio 3D. Precisiamo che per un punto si parla di 0 dimensioni, 0D, perché chi si trovasse in uno spazio ridotto a un punto non avrebbe alcun grado di libertà nel suo movimento. Come chiamare le due regioni dell'iperspazio determinate dal nostro spazio? Sono stati proposti i termini ἀνά e κατά, da usare più o meno come i nostri sopra e sotto. Per avere un riferimento possiamo immaginare che rispetto al nostro spazio il paradiso si trovi ἀνά e l'inferno κατά. Un angelo quadridimensionale che cadesse attraverso il nostro mondo genererebbe lo stesso effetto di un uomo tridimensionale che cadesse attraverso un piano popolato da figure bidimensionali: una stupefacente, grottesca e incomprensibile pioggia di sezioni trasversali che si separano e ricombinano. Una volta nell'iperspazio, avreste una strana impressione di quello che avete lasciato dietro di voi: così come un essere umano riesce ad avere una visione completa di un foglio di carta, così una creatura 4D potrebbe abbracciare con un solo sguardo ogni centimetro quadrato della mia pelle, l'interno e l'esterno del mio stomaco, le circonvoluzioni del mio cervello e così via. Un’altra curiosa proprietà dello spazio 4D è che si possono collegare due punti interni a due corpi solidi 3D senza perforarne le superfici. L'accorgimento è quello di adottare movimenti ἀνά/κατά per entrare e uscire dai corpi 3D. Se una persona si trova all'interno di una stanza pubblica e ne esce in direzione ἀνά è come se si smaterializzasse all'improvviso. Non è che essa attraversi le pareti, il pavimento o il soffitto: si sposta alla direzione ἀνά verso una parte dello spazio 4D in cui la stanza proprio non esiste.
L'ipercubo, detto anche tesserato, è probabilmente la figura geometrica 4D più conosciuta. Lo si può generare nel modo seguente. Partiamo da un punto e spostiamolo verso destra di un'unità: si ottiene così un segmento unidimensionale. Ora spostiamo il sentimento di unità verso il basso e otteniamo un quadrato bidimensionale. Ripetiamo il processo verso l'alto o il basso: il risultato è un cubo tridimensionale. Non possiamo forzare un oggetto tridimensionale entro i confini bidimensionali di una pagina. La convenzione solita, a cui abbiamo fatto ricorso nella figura, è quella di rappresentare la terza dimensione tramite una direzione diagonale rispetto alle prime due. E se usassimo l'altra direzione diagonale per la quarta dimensione? Spostando l'immagine del cubo di un'unità in questa quarta dimensione, otteniamo il disegno di un ipercubo quadridimensionale. Un metodo diverso per disegnare un ipercubo è basato sull'osservazione che un cubo in fil di ferro visto da vicino appare come un quadrato piccolo contenuto in un quadrato più grande. Analogamente un ipercubo può essere rappresentato disegnando un cubo piccolo all'interno di un cubo più grande. L'idea è che il cubo piccolo si trova più lontano nella quarta dimensione. Se poi il cubo viene tagliato in modo opportuno, si può sviluppare una configurazione tridimensionalmente estesa e connessa formata da otto cubi. Uno sviluppo di questo tipo dà luogo a una specie di croce tridimensionale. Salvador Dalì ha utilizzato in effetti questo sviluppo dell'ipercubo per la sua crocifissione del 1954 nota anche come Corpus Hypercubus.
L’ipercubo quindi è una serie di cubi di dimensioni via via più grandi e poi via via più piccoli posti l’uno accanto all’altro nell’iperspazio. Allo stesso modo un'ipersfera è composta da una serie di sfere, che diventano sempre più piccole via via che ci si sposta ἀνά o κατά nell'ipersfera dal centro O. Prese tutte insieme le sfere di questa famiglia costituiscono un'ipersuperficie tridimensionale, analoga alla superficie bidimensionale di una sfera. La superficie di un'ipersfera è uno spazio 3D curvo situato nello spazio 4D. Si tratta di un concetto importante, perché molti scienziati ritengono che lo spazio del nostro universo sia in realtà l'ipersuperficie di una grandissima ipersfera.
Dopo questi esempi si può facilmente capire perché tra i medium dell’Ottocento che cercavano di dare credibilità alla loro occupazione si diffuse l’idea che gli spiriti potessero abitare nella quarta dimensione. In tal caso si troverebbero completamente fuori dal nostro spazio ordinario eppure allo stesso tempo sarebbero vicinissimi a noi, in attesa a qualche decimetro in direzione ἀνά o κατά.
Nella relatività generale, la teoria fisica che spiega la natura dello spazio e del tempo e in tal modo anche l’interazione gravitazionale, quest’ultima è causata proprio da una protuberanza generata dall’incurvarsi dello spaziotempo in una dimensione superiore. Secondo la relatività generale la materia e l'energia distorcono lo spazio e le distorsioni dello spazio influiscono a loro volta sul moto della materia e dell'energia: lo spazio funge quindi da mezzo per la trasmissione degli effetti gravitazionali.
Cerchiamo ora di capire come la curvatura dello spazio influenza il moto delle particelle. Un esempio particolarmente chiaro si ha considerando come particella in moto un fotone, la particella indivisibile di cui è composta la luce. Di solito si pensa che la luce si propaga in linea retta ma se lo spazio è curvo, non esiste qualcosa che possa essere considerato come una linea veramente retta. Un raggio luminoso inoltre segue sempre il percorso più breve da A a B. Se nello spazio tra A e B si trova una grossa protuberanza, il percorso più breve non passa direttamente sopra di essa. Il percorso più breve sarà quello che realizza il miglior compromesso fra l’attraversamento diretto del rigonfiamento e l'aggiramento di esso. Ciò è abbastanza facile da capire se si immagina che A e B siano due villaggi separati da una collina. Ma perché la materia incurva lo spazio? Una spiegazione consiste nell'affermare che la materia è la curvatura dello spazio. Si tratta di una concezione della materia molto interessante che il fisico contemporaneo John Wheeler ha chiamato geometrodinamica. Quando lo spaziotempo è piatto assume l'aspetto di spazio vuoto, quando è fortemente incurvato quello di materia.
Si sono considerati due generi di curvatura dello spazio: la curvatura su scala intermedia, associata all'attrazione gravitazionale, e la curvatura su piccola scala, che può dar conto della materia. Parleremo ora della curvatura su grande scala dello spazio nel suo complesso, affrontando il problema della forma globale del nostro universo. In una dimensione la circonferenza è un esempio di curva di lunghezza finita, ma che tuttavia non è estremi: si può continuare a percorrere una circonferenza senza mai fermarsi. La superficie di una sfera, come la Terra, è un esempio di spazio a due dimensioni finito e limitato. In una famosa conferenza del 1854 Bernhard Riemann avanzò l'ipotesi che il nostro spazio potesse essere l'iper superficie 3D di un'ipersfera 4D. Se il nostro spazio è ipersferico, volando con un'astronave per un tempo abbastanza lungo in una qualsiasi direzione mantenuta fissa, prima o poi si dovrebbe tornare nella nostra galassia. Purtroppo la circonferenza della nostra ipersfera è così grande che è improbabile che qualche Magellano dello spazio compia mai questa circumnavigazione: secondo una stima la circonferenza del nostro spazio misura circa 80 miliardi di anni luce. Non si deve dimenticare che l'ipotesi semplificativa secondo cui la curvatura del nostro spazio è costante potrebbe benissimo essere falsa. Lo spazio potrebbe avere una forma ben più strana di quanto crediamo.
I filosofi della fine del secolo scorso erano ben consci che la nozione di dimensioni superiori conduce a un regresso all'infinito. Georg Cantor fu il primo a sviluppare una trattazione matematica dell'infinito. Prima di lui molti matematici e filosofi avevano temuto che l'infinito fosse una nozione fondamentalmente contraddittoria ma dopo Cantor gli scienziati cominciarono a usare gli infiniti con grande disinvoltura. Nei primi anni del Novecento il matematico Hilbert si basò sul lavoro di Cantor per sviluppare una teoria degli spazi a infinite dimensioni: un punto di uno spazio a infinite dimensioni viene rappresentato da una sequenza infinita di coordinate. Per circa un decennio sembrò che la ricerca sugli spazi di Hilbert fosse uno dei tanti casi in cui matematici si occupano dell'astrazione per amore dell'astrazione. Ma negli anni Venti i fisici Heisenberg e Schrodinger scoprirono che il modo migliore di interpretare la meccanica quantistica consiste nell'affermare che le particelle sono configurazioni in uno spazio di Hilbert a infinite dimensioni. La meccanica quantistica così come è formulata consente previsioni corrette su esperimenti precisissimi, ma nessuno sembra capire bene che significato abbia veramente lo spazio di Hilbert.
La realtà è indescrivibilmente ricca e complessa. Talvolta lo dimentichiamo e la vita diventa grigia. Il mondo è vivo e noi siamo parti viventi di esso. I pensieri sono enti reali importanti quanto gli oggetti. Ogni oggetto è fonte perenne di meraviglia. Non sappiamo perché siamo qui, non sappiamo neppure che cosa siamo. Ma esistiamo e il mondo va avanti. Le nostre nozioni ordinarie di spazio di tempo sono soltanto comode finzioni: le dimensioni superiori sono dovunque. Non c'è bisogno di adoperarsi per raggiungere l'illuminazione: l'illuminazione è qui e ora, vicina a noi come la quarta dimensione.
Davide Morelli