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EDITORIALE

- Ai margini di una nuova architettura bipolare di Matteo Ramadori

Ai margini di una nuova architettura bipolare

 

Nelle ultime settimane la situazione internazionale si sta scaldando non poco, e sarebbe certamente negligente non parlarne. Per i meno attenti è bene dunque fare un riepilogo.

Lo scorso 3 febbraio un F-22 abbatte nello spazio aereo statunitense sopra il Montana un “pallone aereo” cinese di dubbia utilità; la Segreteria di Stato americana lo chiama “pallone spia”, i cinesi, alquanto contrariati, ne chiarificano gli “scopi di ricerca”. Poi, nuovamente, partono all’attacco andando a rivangare episodi passati con gli USA in cui le forze di difesa cinesi avevano identificato degli oggetti volanti ad alta quota di origine statunitense nel loro spazio aereo; ed è subito controversia internazionale.

È d'altronde da un po' di giorni che i due corpi diplomatici si infliggono vicendevolmente stoccate, e sembrano ben lontani dall’accordarsi, cito per esempio le parole del Direttore degli Affari Esteri cinese in conferenza stampa: “Se gli Stati Uniti insisteranno per trarre vantaggio dalla questione del pallone-spia cinese abbattuto nei cieli americani, intensificando il clamore e ampliando la situazione, la Cina andrà avanti fino alla fine e gli Stati Uniti ne pagheranno tutte le conseguenze”. La situazione è ancora più acuita se si pensa che in data 18/02/23 è iniziata la conferenza di Monaco, in cui, oltre ai G7, partecipa la Repubblica Popolare Cinese, e proprio quest’ultima ha gettato l’amo verso USA e UE, facendo intendere che non ha intenzione di arretrare di un passo.

Facciamo un paio di passi indietro e ritorniamo al pallone spia, che è la chiave di volta della questione, e facciamoci una rapida domanda: perché? O per meglio porla, perché in maniera così esplicita?Per rispondere a questa domanda torniamo nuovamente alla Conferenza di Monaco, poco più di due settimane dopo l’accaduto, e facciamo estrema attenzione alle parole del Segretario di Stato Blinken: stando a quest’ultimo la Cina si sarebbe detta pronta a inviare carichi di armi alla Russia.

La dichiarazione è pesante. Fino a poche settimane fa la Cina si era destreggiata in un abile gioco delle tre carte per mantenere la partnership con la Russia e mettere un po’ di “timore di Dio” agli USA, costretti a gettare sempre un occhio al gigante d’oriente, e dall’altra parte cercare di conservare i rapporti economici con l’Europa, i quali sono stati anche oggetto di discussione nella città bavarese.

Questa repentina presa di posizione giunge insomma come un fulmine a ciel sereno, ma non vi è da esservi stupiti.

Come scrive You Ji, professore di relazioni internazionali all’università di Macao: “Mentre il mondo assiste a un conflitto sul suolo europeo senza precedenti dalla fine della seconda guerra mondiale, si intensifica anche la competizione per plasmare il futuro dell’Indo-Pacifico. La guerra in Ucraina ha alzato la posta in gioco tra le grandi potenze e portato alla formazione di coalizioni contrapposte. Gli Stati Uniti sono in fase offensiva e mobilitano la deterrenza collettiva contro Cina e Russia. Hanno organizzato con successo un ampio fronte unito contro l’invasione dell’Ucraina e spinto i loro alleati - per esempio Canada e Australia - a condurre attività di monitoraggio in prossimità delle regioni costiere della Repubblica Popolare. Ciò ha portato Pechino e Mosca a stringere ulteriormente i loro legami strategici. La nuova guerra fredda si sta surriscaldando e ciò aumenta il pericolo di un conflitto nucleare”.

Mentre la nuova cortina di ferro si delinea in maniera sempre più pulita e chiara l’azione aerea cinese negli States appare come un forte segnale che la Cina intende inviare, e ora, per dirla alla maniera dei Tears for Fears, “there’s no turning back”.E in effetti Everybody Wants To Rule The World è la canzone adeguata per la situazione, perché salvo tentennamenti in itinere - che poi tanto tentennamenti non sono stati, quella della neutralità iniziale probabilmente è stata la scelta diplomatica migliore da parte del governo cinese - il mondo con la fine della Conferenza di Monaco si avvia anche verso la fine dell’edificazione della sua seconda architettura bipolare dallo scioglimento del Patto di Varsavia e dalla caduta dell’Unione Sovietica. Gli schieramenti sono grossomodo tracciati, con degli Stati Uniti che hanno un’ottima mano da giocare, sebbene a doppio taglio, e una Cina che sembra sentire piano piano le pareti attorno a lei restringersi, forse conservando in mano qualche jolly, di cui, probabilmente, la pace globale farebbe volentieri a meno. L’aumento degli sforzi militari statunitensi in Europa sembra pressoché una mossa obbligata, che provocherà nondimeno un innalzamento delle tensioni, di cui le nazioni europee sono succubi, d’altra parte la nuova via della seta non cessa di esistere, e così le partnership economiche con la Cina; alla luce poi delle bricconate operate dall’alleato atlantico al veterocontinente - come vendere il gas a un prezzo gonfiato1 - quest’ultimo dovrebbe sembrare sempre più proiettato verso dei rapporti economici e geopolitici più indipendenti e cosmopoliti. Un interrogativo sempre più insistente dunque riecheggia martellante: cosa farà l’Europa?


1. https://www.shipmag.it/la-vendita-delle-riserve-di-petrolio-ha-fruttato-agli-usa-4-miliardi-di-dollari/

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