top of page

HUMANAE LITTERAE

- La somiglianza tra "Il vecchio che leggeva romanzi d'amore" e "Il bibliotecario" di Valentina Venditti
- Noi, ragazzi dello zoo di Berlino di Valentina Venditti

La somiglianza tra “il vecchio che leggeva romanzi d’amore” e “il bibliotecario”

“Sapeva leggere. Fu la scoperta più importante di tutta la sua vita. Sapeva leggere. Possedeva l’antidoto contro il terribile veleno della vecchiaia”. È indiscutibile la presenza del tema della considerazione della lettura; un argomento che riguarda tutti noi, nella nostra quotidianità, di fatto possiamo notare una significativa diminuzione dell’abitudine alla lettura, la quale è strettamente legata alla nostra visione del mondo, poiché percepiamo solo quello che la nostra proprietà linguistica ci permette.

Allenandoci alla lettura, possiamo immaginare artisticamente il luogo in cui il romanzo viene narrato.

Osservando con attenzione le parole del libro, come un amante dell’arte osserverebbe un quadro, possiamo trovare all’interno di noi Antonio Josè Bolívar ( il protagonista del capolavoro di Sepúlveda): “Col suo modo di leggere lento, centellinando i termini, ripetendoli fino a percepire nitidamente i sentimenti, i sapori, i colori, gli odori, gli stati d’animo che esprimono”. La stessa attenzione che il vecchio dedica ai suoi libri, deve esserci d’insegnamento nel giudicare, nell’ammirare, nell’osservare, nel capire e nel commentare una qualsiasi opera d’arte.

Penso che il legame tra la lettura e l’arte è rappresentabile nel quadro “Il bibliotecario” di Giuseppe Arcimboldi

 

Il pittore non ha voluto specificare il senso morale dell’opera, ma il suo scopo principale era quello di meravigliare e stupire l’osservatore, la stessa sensazione di stupore la ritroviamo nel protagonista del libro “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”: “Una volta vedute le scimmie e i pappagalli, la maestra gli mostrò la sua biblioteca.

Si emozionò a vedere tanti libri tutti insieme e si dette al piacevole compito di esaminarli con l’aiuto di una lente di ingrandimento.

Passarono cinque mesi durante i quali formò e affinò i suoi gusti di lettore, riempendosi al tempo stesso di dubbi e di risposte”.

La meraviglia e la scrupolosa attenzione è somigliante a quella di uno scrutatore di arti visive e figurative.

Il corpo del Bibliotecario è formato da una composizione di libri. Mi piace pensare che la scelta del pittore Giuseppe Arcimboldi di raffigurare un corpo umano attraverso dei libri non sia casuale, ma ben pensata, in modo da descrivere concretamente il legame tra capacità linguistica e percezione visiva, tra arte e narrativa e tra uomo e la capacità artistica.

Il bibliotecario è rappresentato come un uomo anziano, spesso la senilità è sinonimo di saggezza, la quale può far avverare l’indistinguibile desiderio dell’umanità: “Il vecchio aveva sentito dire spesso che con gli anni arrivava la saggezza, e aveva aspettato, fiducioso, che questa saggezza gli desse quello che più desiderava: la capacità di guidare la direzione dei ricordi per non cadere nelle trappole che questi spesso gli tendevano.”


Valentina Venditti


Noi, ragazzi dello Zoo di Berlino

“Che fosse un passo verso la merda totale allora non lo sapevo. Ci si poteva procurare le sensazioni che uno aveva voglia di avere” Così Christiane Vera Felscherinow descrive il suo primo approccio all’eroina nella sua autobiografia noi, i ragazzi dello zoo di Berlino.

Un libro ormai diventato un cult della letteratura moderna, ci mostra parte della vita di una bambina trasferitasi a Gropiusstadt, che a soli dodici anni incontra la droga     “ Si imparava in maniera del tutto autonoma che tutto quello che è permesso è terribilmente insulso e tutto quello che è vietato è molto divertente”.

Con una scrittura viscerale, senza mezzi termini, brutale e frenetica Christiane immerge il lettore nella sua vita rendendolo un osservatore avulso dal contesto, a cui è stretta una corda intorno allo stomaco tirata ad ogni esperienza di tossicodipendenza. È un libro disturbante, affronta tematiche che molti non vorrebbero nemmeno sentir nominare; con la sua schiettezza si imbatte nel principale disagio dell’eroinomane a cui non si dà particolare rilievo: la dipendenza psicologica, ancora più difficile da sconfiggere rispetto a quella fisica.

È stata etichettata dalla critica solo in qualità di tossica e prostituta bambina, a lei è stata gettata addosso tutta la responsabilità della sua dipendenza, quando invece bisognava esaminare il grande disagio e mancanza interiore che la affliggeva: “ Non avevo progetti, ma solo sogni” “Tutto era diventato completamente realistico, e cioè completamente senza speranza” “ Una volta ho chiesto stupidamente perché tutto quello che facevamo non potevamo farlo senza stravolgerci. E quelli mi hanno detto che era proprio una domanda cretina. Come ci si potrebbe altrimenti liberare di tutta la merda che uno vive durante il giorno”. Da queste citazioni emerge una giovanissima ragazza senza speranze, che ha visto la droga come un tappo per la voragine che le scavava l’anima ogni giorno sempre di più e come unica via di uscita dalla sua miserabile quotidianità. In un mondo che non dona speranze neanche agli adolescenti come ci si può sorprendere di ciò.

“Non volevo morire così sola. Ti prego mamma, vieni, muoio” “Non sapevo più perché avevo paura di morire. Di morire sola. I bucomani muoiono da soli. La maggior parte in un cesso puzzolente. E io volevo morire. In realtà non aspettavo nient’altro che quello. Non sapevo perché ero al mondo. Anche prima non lo avevo mai saputo con esattezza. E il bucomane perché mai vive? Solo per distruggere anche gli altri? Quel pomeriggio pensai che già solo per amore di mia madre dovevo morire. Comunque, non capivo più se esistevo o se non esistevo”

Un'appena quindicenne è riuscita a risvegliare le coscienze di generazioni. Forse ciò non basta per capire che un tossicomane non è una persona che si trova agli antipodi della società e che ha bisogno di un percorso psicologico, piuttosto che un allontanamento dalla collettività?


Valentina Venditti


bottom of page